Preghiera della serenità
Mi sembra che la serenità sia spesso sottovalutata, e non si colga il suo legame con la felicità. La felicità viene da molti associata a uno stato di “eccitazione” (l’innamoramento, il fare cose, il muoversi…), mentre la serenità suona come uno stato “fermo”, inerte.
A mio parere, invece, serenità e felicità sono in stretto rapporto: certo non sono la stessa cosa ma, se non sono sereno, difficilmente potrò sentirmi felice. Se mi sento in guerra col mondo, con la realtà intorno a me, nulla potrà farmi sentire veramente bene. Quindi sentirsi in pace, non in conflitto, appare come un elemento necessario alla felicità.
Ma che cosa ci impedisce di sentirci sereni? Di solito, tutte quelle cose che non sono come vorremmo:
- Dal nostro aspetto fisico, al carattere
- Dalle persone che abbiamo intorno, al partner (o la sua mancanza), ai genitori
- Dal nostro lavoro, al reddito
- Dalla società in cui viviamo, alla politica
- Dalla situazione del mondo, alle ingiustizie, alle guerre…
Insomma, se ci concentriamo su tutto quello che — secondo noi — potrebbe o dovrebbe essere diverso, ci sentiamo in uno stato di insoddisfazione, tensione e conflitto con la realtà; per cui sembra impossibile essere sereni (e, quindi, anche felici).
Oppure no?
Il breve brano che ora vi propongo parla proprio di questo, e fa una distinzione fondamentale:
“Dio, concedimi la serenità di accettare le cose che non posso cambiare,
il coraggio di cambiare quelle che posso,
e la saggezza per comprendere la differenza.”
(Reinhold Niebuhr — Preghiera della Serenità)
Il potere di cambiare
Quando ci facciamo prendere dall’ansia del “le cose dovrebbero essere diverse”, dimentichiamo un fattore chiave:
- Se non ho il potere di cambiare qualcosa, allora è anche inutile che me ne preoccupo. Perdo solo energia e creo malumore.
- Se, invece, posso far qualcosa per cambiare una situazione, anche in quel caso è inutile preoccuparsene; piuttosto, è il caso di agire e creare il cambiamento.
Come ci ricorda il buon Confucio:
“Se c’è soluzione, perché ti preoccupi?
E se non c’è soluzione, perché ti preoccupi?” ;-D
Meno preoccupazione, più azione
L’atteggiamento comune, invece, va proprio in senso inverso: si tende alla preoccupazione senza produrre risultati; a lamentarsi senza agire. Ma questo atteggiamento, anche se può sembrare una valvola di sfogo, ci porta solo ad alimentare frustrazione, negatività e senso di impotenza.
Se vogliamo coltivare realmente la felicità, invece, in noi e nel mondo, bisogna capire che la preoccupazione è un’influsso solo distruttivo: genera ansia e spreca energia. Bisogna smettere di preoccuparsi, ed invece agire quando è possibile (o accettare, quando non c’è nulla da fare). Insomma:
“Provvedere senza preoccuparsi,
invece di preoccuparsi senza provvedere.”
(Edoardo Boncinelli)
Dall’ansia alla pace
Naturalmente, come puntualizza la terza frase della preghiera, è fondamentale avere chiara la differenza tra ciò che posso cambiare e cosa no. Per poter scegliere consapevolmente l’azione o l’accettazione. Niebuhr parla giustamente di “saggezza”: perché il saggio non strepita inutilmente contro l’inevitabile, né si limita a lamentarsi quando può agire costruttivamente; è questa una delle differenze primarie tra chi desidera soltanto la felicità, e chi la sceglie attivamente.
In alre parole, chi raggiunge questa saggezza:
- Accetta con serenità la sorte avversa su cui non può influire (anche perché sa che il mondo non è fatto per compiacerlo); in questo modo non perde la pace interiore.
- Quando vede che è in suo potere creare un miglioramento, investe tutte le sue energie nell’azione; in questo modo guadagna in risultati e soddisfazione di sé.
Una precisazione necessaria: alcuni rifiutano il concetto di “accettazione”, perché la confondono con la rassegnazione, che sono invece atteggiamenti ben diversi.
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