Utopia Romantica: la favola dell’amore perfetto
L’Utopia Romantica è il mito sentimentale della relazione ideale, perfetta, di amore incondizionato ed eterno, fra due persone che trovano l’una nell’altra tutto quello di cui hanno bisogno. E’ un mito diffuso e perpetuato da molte fonti, in primis canzonette e film commerciali. Come tutti i miti, viene creduto sia perché ripetuto continuamente e dato per scontato dalla cultura ufficiale, sia perché seducente: ci crediamo perché è bello crederci. A tal punto che tendiamo a crederci, anche quando i fatti intorno a noi lo smentiscono ampiamente.
L’utopia è un luogo inarrivabile
Quindi, in pratica, l’Utopia Romantica non accade mai. Peraltro come potrebbe accadere, fra due esseri umani imperfetti, una relazione perfetta? Siamo tutti individui, ciascuno è diverso dagli altri e desidera cose diverse (almeno in parte), quindi nessuna coppia sarà mai compatibile al 100%. Quando ci innamoriamo perdutamente ci sembra di aver realizzato questa utopia, ma è una illusione che, prima o poi, ha termine: è dimostrato che l’innamoramento è “programmato” per durare, al massimo, due-tre anni (e sovente si esaurisce ben prima).
Con questo non voglio dire che non possano esistere relazioni di amore profondo e duraturo; certamente esistono, ma sono relativamente rare e comunque imperfette. Nel modello in cui descrivo la complessa realtà delle relazioni umane (vedi Relatività Relazionale), le ho inserite in quello che chiamo “Paradiso Relazionale”; sono relazioni “quasi perfette”, fra due persone altamente compatibili. Quello che intendo è che l’Utopia Romantica (come tutte le utopie) non si raggiunge mai; indica un assoluto a cui si tende, ma che non esiste nella realtà.
L’utopia e il “vero amore”
Molti usano l’espressione “vero amore” per indicare questo tipo di amore eterno, ideale e idilliaco a cui ambiscono; con il sottinteso che ogni forma di amore al di sotto di tale perfezione, non sia veramente amore. Questa convinzione è pericolosa, perché spinge a svalutare ogni sentimento (e persona amorevole) che mostri mancanze o umane debolezze; e poiché siamo tutti imperfetti (chi può dire di saper amare perfettamente?), rischia di portare chi ci crede ad una delusione dietro l’altra, a fare continue critiche al partner, ad una ricerca senza fine.
I pericoli dell’Utopia Romantica (UR)
Ritengo importante evidenziare i numerosi rischi impliciti in questo mito, poiché — come per tutti i miti — il rischio di farsi confondere le idee ed esserne sedotti (con tutte le conseguenze) è elevato. L’UR ci presenta l’idea di un “partner ideale”, perfetto, unico e destinato ad unirsi a noi (in inglese “the One” — ovvero l’eletto, l’unico e il solo), la persona “giusta”, l’anima gemella come unica persona a me destinata. Però:
- Abbiamo già osservato come nessun essere umano reale possa essere un partner perfetto. Peraltro, semanticamente parlando, “ideale” è proprio l’opposto di “reale”.
- Unico vuol dire che, se non ci capitasse mai di incontrare questa persona, saremmo sentimentalmente perduti. Il che è spaventoso e deprimente.
- E se invece che uno, ci fossero molti partner possibili per ciascuno di noi, altamente compatibili, al mondo? E’ di certo un’ipotesi più incoraggiante (oltre che più probabile).
- Moltissime persone non incontrano mai questo fantomatico ideale: vuol dire che il destino si è dimenticato di loro? O che questo destino vale solo per pochi eletti? O, piuttosto, che questo presunto destino è immaginario?
L’UR ci induce ad aspettarci l’assoluto, ad aspettarci dal partner una perfezione impossibile: che egli soddisfi tutti i nostri bisogni; che indovini i nostri desideri senza bisogno di parlare; che si comporti sempre nel modo migliore per noi; che non provi mai desiderio verso altre persone. E questa aspettativa prima o poi ci porta a soffrire per l’inevitabile delusione, e a prendersela col partner per averci deluso: a condannarlo per la sua imperfetta umanità.
L’UR implica, per molti, l’illusione che la persona “giusta” mi amerà semplicemente perché sono io, senza che io debba fare o dare nulla. Ma questo tipo di amore “passivo”, in cui si viene amati per il solo fatto di esistere, accade solo tra genitori e figli (ed anche lì, è tutt’altro che scontato). Una relazione sana fra adulti, invece, è tanto più funzionale quanto più ciascuno è in grado di nutrire i bisogni dell’altro. Il che richiede una partecipazione attiva, capacità di cambiare e crescere, di adattamento e compromesso: in pratica, veniamo amati anche per quello che sappiamo dare al partner (vedi “Il tuo ‘valore di mercato’ nelle relazioni”). Al contrario, l’UR consente alle persone immature di sfuggire la necessità di evolversi (e quindi sviluppare le doti per costruire una relazione efficace), cullandole nell’attesa della persona “giusta” che — magicamente — li amerà a prescindere (anche se sono in grado di dare poco o nulla).
L’UR ci spinge a rifiutare relazioni positive ma incomplete (relative, invece che assolute), e quindi a vivere meno intensamente: più poveri, soli e denutriti (affettivamente e sessualmente); l’UR ci esorta a rifiutare qualsiasi relazione che non rientri nei suoi modelli idealizzati (il grande amore, la donna perfetta, il principe azzurro, “finché morte non ci separi”, ecc.) (vedi più avanti il paragrafo “Aspettando Godot”). Vale la pena ricordare come sia scientificamente provato che il contatto tattile e una buona attività sessuale sono importanti per la salute sia fisica che psicologica; e questo funziona anche se la relazione non è pienamente appagante.
L’UR ci porta a credere che l’amore possa mantenersi sempre uguale a se stesso, che i sentimenti possano essere stabili e immutabili. In realtà, tutto cambia nella vita, ed emozioni e sentimenti sono particolarmente inclini al cambiamento. Nessuno sente la medesima emozione di un mese prima, nessuno ama qualcuno allo stesso identico modo di un anno fa. Amare una persona per tutta la vita è possibile, ma anche quell’amore cambia, si trasforma ed evolve nel tempo. Pensare che l’amore debba rimanere sempre uguale, ci spinge ad aggrapparci al passato ed a negare quello che man mano diventiamo (quindi a mentire).
L’UR ci convince che una relazione valida debba necessariamente durare tutta la vita, essere monogamica ed esclusiva. Però:
- Molte relazioni hanno una durata relativa. E, per buona parte di questa durata, sono spesso positive e felici. Il fatto che finiscano, non implica che non abbiano valore. Il valore di una relazione non dovrebbe essere misurato dalla sua durata, ma dalla sua qualità, dall’intensità, dalla felicità che reca ai partner, e — si spera — dall’incoraggiare i partner a diventare persone migliori.
- La monogamia va benissimo, a condizione che sia una libera scelta e finché funziona per entrambi i partner. Ma non di rado, e specialmente col tempo, uno o entrambi i partner si ritrovano limitati e costretti da essa. A volte sorgono bisogni che il partner non vuole (o non può) soddisfare; a volte le persone scoprono in sé un’inclinazione naturale ad intessere relazioni molteplici; a volte ci si ritrova ad amare più persone. In questi ed altri casi, l’esclusività si trasforma da dono a prigione. E’ quindi importante non escludere la possibilità di aprirsi, nel corso del tempo, a modalità relazionali alternative (vedi ad esempio la visione poliamorosa — in inglese Polyamory — e un libro sull’argomento), che possono diventare più funzionali e appaganti per la relazione; una possibilità che l’ideale dell’UR nega a priori.
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